GRUPPO TEATRALE TARANTÂS

 

 

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Difenderci dalle mosche sarà la nostra futura occupazione.  
Rosicchiare le cose del mondo, come bambini.
Invecchiare tra i vecchi è la cosa peggiore.
Partono dal cuore e tornano al cuore, le vene.
 
Dall’HYPERION di Hölderlin (trad. F. Pititto)

 

 

 

 

 
Siamo una realtà di periferia, periferia sonnacchiosa,  apparentemente tranquilla, più verosimilmente indolente, pigra, via via dimentica sempre più di un passato  fatto di povertà, legato ad una agricoltura di sussistenza. Le nuove generazioni scambiano per modernità  il consumismo omologante, ed aggiungono superficialità nei rapporti personali e sociali alla endemica chiusura culturale verso l’esterno e l’altro da se.
Di tutto ciò ne risentiamo e non può essere diversamente e allora i nostri campi d’interesse virano verso l’antropologia cercando di indagare il rapporto fra l’uomo e il territorio; le relazioni  sociali alla luce dei cambiamenti determinati dalla crisi economica e dall’immigrazione; la consapevolezza della ricadute delle scelte della macro finanza.
Tuttavia il nostro non è un teatro politico e non lo vuole essere.  Crediamo, come afferma il principe Miškin nell’Idiota di Dostoevski  che solo la bellezza potrà salvare il mondo,  perciò ci affidiamo all’arte  per “dire” della nostra visione delle cose;  arte  della gestualità, della parola sguinzagliate sul terreno delle metafore.
Tutto senza alcuna fretta, prendendoci tutto il tempo che ci serve perché  comunque -parafrasando  Hölderlin-essere, vivere è già sufficiente. È l’onore degli dèi.

 

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